In questa sezione del sito abbiamo raccolto le novità normative ed i casi più interessanti e rilevanti trattati dallo studio, suddivisi per materia ed argomento trattato.
Si segnalano anche alcuni casi di attualità significativi per il contesto giuslavoristico italiano.
I casi proposti riguardano argomenti diversi del diritto del lavoro, ma anche del diritto civile in genere.
I testi qui presenti non fanno riferimento a soggetti specifici per il rispetto della privacy dei nostri clienti.

Diritto del lavoro

Diritto alla reintegrazione per licenziamento illegittimo

(Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 5946/21 del 2 marzo 2021)

L'accertamento giudiziale dell'illegittimità del licenziamento in quanto discriminatorio comporta l’ordine di reintegrazione ex art. 18 della legge n. 300 del 1970 e la ricostituzione "de iure" del rapporto. Ne consegue il diritto del lavoratore a riprendere le precedenti mansioni originariamente occupate prima del licenziamento. MASSIMA: «Il giudice, ex art. 18, legge n. 300 del 1970, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro» 

Discriminazione indiretta sul luogo di lavoro

(Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 5946/21 del 2 marzo 2021) 

Una lavoratrice portatrice di handicap, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. n. 104/1992, ha diritto all’applicazione della specifica tutela dei disabili in materia di licenziamento. La ricorrente ha tuttavia ricevuto un trattamento identico a quello dei suoi colleghi e ciò genera un effetto discriminatorio, precisamente una discriminazione indiretta, per avere il datore di lavoro omesso di tenere in considerazione le specifiche problematiche di salute della ricorrente disabile. Ciò è in contrasto con l’obbligo generale del datore di lavoro di adottare le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, nonché con l’obbligo specifico per la tutela del lavoratore disabile di prevedere soluzioni ragionevoli al disabilità del caso di specie. Pertanto, il giudice ha ravvisato gli estremi dell’illegittimità del licenziamento con conseguente ordine di reintegrazione nonché sul risarcimento del danno causato alla ricorrente.  MASSIMA: «Un trattamento sfavorevole basato sull'handicap va contro la tutela ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78 che richiede sia garantita l’assenza di qualsivoglia discriminazione, da cui il diritto del lavoratore portatore di handicap alla rimozione degli effetti della discriminazione (nel caso di specie il licenziamento, da cui il diritto alla reintegra)»

Illegittimità del licenziamento e rispetto della tutela obbligatoria di cui all’articolo 9 L. 23/2015

(Tribunale di Lanciano, sentenza n. 5/21 del 28 maggio 2021)

La soppressione del posto di lavoro del ricorrente a seguito di una riorganizzazione interna della società con necessità di riduzione dei costi e del personale è stata dichiarata illegittima dal giudice per insussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, poiché è stato provato che il ricorrente non fosse il dipendente con minore anzianità di servizio. Inoltre, la società non ha compiutamente dimostrato che essa fosse nell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni e neppure in altre sedi. Con l’illegittimità del licenziamento, si applica alla fattispecie la tutela obbligatoria di cui all’articolo 9 L. 23/2015, ossia il diritto del ricorrente alla corresponsione di una indennità massima di 6 mensilità retributive. MASSIMA: «L’illegittimità del licenziamento per mancato motivo oggettivo comporta, in tutela obbligatoria, l’applicazione dell’art. 9 L. 23/2015, ossia il diritto alla corresponsione di una indennità non superiore a 6 mensilità retributive».

Il titolo novativo prevede l’applicazione della sola aliquota Irpef

(Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 889/21 del 31 marzo 2021)

A quanto offerto a titolo transattivo e novativo da una società al lavoratore in via conciliativa, non può applicarsi la tassazione piena e la quota di contribuzione obbligatoria. Il giudice, infatti, rigetta l’opposizione della società e statuisce che il titolo novativo della transazione è estranea al rapporto    di lavoro e ai relativi obblighi contributivi e per tale motivo si applica la sola aliquota Irpef. MASSIMA: «Quando in via conciliativa il titolo novativo viene sostituito al titolo retributivo, va esclusa ogni componente contributiva, in quanto la transazione è estranea al rapporto di lavoro e si applica la sola aliquota Irpef».

Si ha diritto alla retribuzione delle ore non lavorate se la riduzione oraria non è integrata da CIG-Covid19

(Giudice del Lavoro di Milano, sentenza n. 1254/21 del 5/5/2021)

Un lavoratore assunto con la qualifica di operaio inquadrato al III livello CCNL con mansioni di chef, accedeva all’integrazione salariale CIG-Covid19 per alcuni mesi. Rientrato successivamente al lavoro con orario ridotto, sebbene disponibile a prestare servizio a tempo pieno, non riceveva alcunché a titolo di ammortizzatore sociale per le ore restanti. Il ricorso veniva accolto in quanto era dirimente la considerazione che il ricorrente avrebbe avuto diritto a forme di integrazione salariale (CIG e/o FIS), sebbene non abbia percepito alcunché a tale titolo. Pertanto, le somme mancanti per raggiungere il tempo pieno venivano comunque poste a carico dalla convenuta, detratto quanto già percepito dal ricorrente. MASSIMA: «Il diritto a percepire la retribuzione per il tempo pieno spetta al lavoratore a cui venga imposto l’orario ridotto al rientro da mesi in integrazione salariale CIG-Covid19 senza prevedere alcunché a titolo di ammortizzatore sociale per le ore restanti»

Sentenze Lavoro: 2020 - 2019 - ante 2018


Diritto civile

L’Agenza delle Entrate è vincolata al rispetto delle procedure previste

(Giudice di Pace di Milano, sentenza n. 2643/21 del 05/02/2021) 

L’attrice, vantando un credito di importo pari a euro 1099 nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ha proposto domanda di rimborso nel rispetto delle procedure indicate dall’Ente. Ciononostante il rimborso è stato disposto, in contanti, in favore di terzi estranei. In tal modo sono state violate le procedure previste dal sito ufficiale della stessa Agenzia delle Entrate che prevede, a fronte di importi superiori a euro 999, il rimborso con emissione di un vaglia da parte della Banca d’Italia e non, come erroneamente fatto, mediante contanti e divulgando dati sensibili dell’attrice senza inviarle alcun avviso. Pertanto, il giudice di Pace ha dichiarato l'inadempienza dell'Agenzia delle Entrate e la violazione delle procedure previste. MASSIMA: «L’Agenzia delle Entrate è tenuta al rispetto delle procedure disposte dall’Ente stesso affinché vengano rispettati i principi di buona amministrazione e trasparenza»

L’Agenzia delle Entrate è responsabile del mancato rimborso IRPEF a causa dell’erronea procedura seguita per il pagamento

(Giudice di Pace di Milano, sentenza n. 2643/21 del 05/02/2021) 

È stato accertato il mancato rispetto delle procedure da parte dell’Agenzia delle Entrate poiché, a fronte di un importo superiore a euro 999, ha disposto il rimborso in contanti e non tramite l’emissione di un vaglia della Banca d’Italia, anziché con bonifico come da sue stesse procedure interne. Tale inadempienza ha provocato un grave danno al cittadino visto che il pagamento è stato fatto a un soggetto terzo estraneo, sotto esibizione di documenti falsi. Il Giudice di Pace ha riconosciuto la responsabilità dell’Agenzia delle Entrate per non avere rispettato le sue stesse procedure interne e quindi causato la sottrazione dell’assegno al cittadino avente diritto all’incasso, legittimando la ricorrente ad ottenere il risarcimento dei danni. MASSIMA: «è prevista la responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo all’Agenzia delle Entrate per aver tenuto un comportamento non rispettoso dei principi di buona amministrazione e trasparenza sulla base del danno arrecato, costituito dal ritardo del pagamento e dal disagio correlato allo stesso»

La notifica fatta a persona diversa dal destinatario è nulla

(Giudice di Pace di Milano, sentenza n. 1703 del 19 febbraio 2020)

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento di un’ingiunzione di pagamento a seguito di un verbale di accertamento di infrazione, lamentando la nullità della notifica in quanto risultava un nominativo sconosciuto nella cartolina di consegna, ove è stata apposta la firma di una persona non conosciuta dall’attore. Il Giudice di pace ha accolto il ricorso in quanto trattasi di verbale notificato a persona diversa dal legittimo destinatario, il quale non è stato posto in condizioni di essere a conoscenza del contenuto del documento. MASSIMA: «il verbale di accertamento di infrazione notificato a persona altri dal destinatario deve essere portato a conoscenza di questi con modalità idonee, come una raccomandata di avviso, altrimenti la notifica non è valida»


Sentenze Civile: 2019 - 2018 

Diritto di famiglia

Il minore é affidato alla madre in caso di una presenza saltuaria e incostante della figura paterna

(Tribunale di Milano, Sentenza n. 4085 del 09 luglio 2020)

Due coniugi sono andati incontro ad una profonda crisi coniugale. La moglie ha fatto domanda di separazione, chiedendo sia l’affidamento della figlia minore e sia l’addebito della stessa al marito in quanto autore di varie condotte negligenti ed irresponsabili. Il Tribunale ha accolto la richiesta di affidamento della bambina poiché la figura del padre è risultata «incostante ed incerta» sia in giudizio sia nel corso della crescita della prole. È stato invece rigettato l’addebito della separazione in capo al marito in quanto non adeguatamente provata la sussistenza dei comportamenti a costui attribuiti. MASSIMA: «l’affidamento della figlia minore può essere attribuito alla madre qualora la figura paterna risulti evanescente e non ben precisata nella vita della bambina. Assume rilievo, inoltre, il comportamento processuale del marito ai fini di una valutazione generale del suo profilo»

Separazione giudiziale con addebito (alla moglie)

(Tribunale di Milano, sezione IX, Sentenza n. 7675/2015)

La separazione personale dei coniugi viene addebitata alla moglie, che non solo ha lasciato la casa coniugale, ma ha anche avuto una figlia da una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio, causa dell’abbandono del tetto coniugale e, di conseguenza, ha palesemente violato il dovere di fedeltà su cui si basa il matrimonio. Il figlio minore viene affidato ad entrambi i genitori e collocato in via prevalente presso la madre, mentre il padre potrà averlo con sé due fine settimana al mese. Il giudice, tenuto conto della capacità reddituale e patrimoniale del padre e della precarietà della posizione reddituale della madre, indica una cifra mensile per il mantenimento del figlio.