ll decreto n.34/2020, il cosiddetto Decreto Rilancio, contiene all'art.90 una novità decisamente rilevante per il mondo del lavoro: introduce un vero e proprio diritto al lavoro agile. Tale diritto, seppur temporaneo e limitato solo ad alcune specifiche categorie di lavoratori, si inserisce nel clima generale di rimodulazione della disciplina sullo smart working e potrebbe rappresentare il primo passo normativo in tal senso.
Continuando il percorso di analisi degli effetti che l’emergenza sanitaria ha avuto sulle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, passiamo ora alla versione forse più conosciuta di lavoro svolto all’esterno dell’azienda: il lavoro agile, altrimenti noto come smart working. La sua esponenziale diffusione, determinata dalla normativa emergenziale che ne ha consigliato l’adozione, offre l’occasione di fornire una descrizione sistematica della originaria disciplina del lavoro agile, contenuta nella legge n.81 del 2017 e parzialmente difforme rispetto alla versione sperimentata negli ultimi mesi da lavoratori e datori.
Punto fondamentale contenuto nei decreti del Presidente del Consiglio che dall'inizio dell'emergenza sanitaria si sono susseguiti, è la raccomandazione all'utilizzo di modalità di lavoro agile o a domicilio. Da Marzo non solo le aziende ma anche i lavoratori, hanno sperimentato, come mai prima d'ora, tipologie di lavoro a distanza; è bene imparare a conoscere tali modalità, esistenti nell'ordinamento già da prima dell'emergenza, partendo proprio da quella che per prima fu introdotta: il telelavoro.
La Camera ha approvato in via definitiva il D.L. n. 18/2020. Il Decreto, rinominato da Conte "Cura Italia", prevede lo stanziamento di 25 miliardi per il sostegno del Paese al fine di far fronte all'emergenza causata dall'epidemia di COVID-19. Il decreto Cura Italia interviene in quattro ambiti principali: il potenziamento del Sistema sanitario, il sostegno all'occupazione e ai lavoratori, il supporto al credito per famiglie e Pmi e la sospensione degli obblighi fiscali.In particolare, in ambito lavorativo, al fine di evitare l'aumento di licenziamenti e per meglio tutelare i lavoratori, è temporaneamente previsto, ex art. 46, il divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo.
Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “decreto Cura Italia”), reca anche molteplici misure a sostegno del lavoro (artt.19-48), di cui la presente nota propone una sintesi limitata ai lavoratori del settore privato. L’efficacia delle misure è condizionata da procedure snellite ma che richiedono ancora la consultazione dei sindacati, l’intervento delle Regioni e le istruzioni dell’Inps in relazione agli ammortizzatori sociali e dall’assenza di automatismi per le misure di sostegno, generalmente con fondi limitati e in attesa di regole operative.
Sospensione del lavoro, assenze e retribuzione, ecco cosa prevede la legge.
Molti interrogativi stanno preoccupando gli operatori del lavoro, in particolare lavoratori e imprese, su quali siano gli effetti delle riduzioni o sospensioni dell’attività lavorativa dovute all’emergenza coronavirus. Il governo ha iniziato ad occuparsi di questi temi con il D.L. n. 9 del 2 marzo 2020, i Dpcm dell’1 e dell’8 marzo affrontano alcuni (ma non tutti) i problemi emersi in queste settimane di emergenza nazionale. Nei Comuni della cosiddetta “zona rossa” molte attività produttive, private o pubbliche, sono state obbligatoriamente sospese con i D.L. 6/’20 e 9/’20. La sospensione ha tuttavia interessato anche altri territori, o perché riguardava lavoratori sottoposti a misure restrittive (perché provenienti dalla zona rossa, o in quarantena) o per attività sospese o ridotte (ad esempio palestre e piscine in Lombardia). In questi casi che ne è della retribuzione? Chi paga la sospensione? E se la sospensione del lavoro o di alcuni lavoratori è disposta dall’impresa per fini di prevenzione, cosa accade?